Napoli D.C. Analisi di un distretto criminale
https://www.youtube.com/watch?v=zSZKrqeEQmc
Al di là della camorra Napoli sta vivendo una situazione drammatica. Dal 2004 al 2009 le condizioni socioculturali della città sono peggiorate. La pandemia ha fatto il resto....Dal 2021 è davvero difficile credere in "nuove ripartenze". I minori in particolare non sono più ragazzi inesperti, impulsivi e condizionabili. Spesso ci troviamo di fronte a giovani che hanno già capacità criminali degne di soggetti adulti. E l'assenza di un'occupazione stabile e di prospettive di crescita economica non sembra lasciare spiragli alla speranza di un cambiamento. Ma se Napoli può rappresentare un distretto criminale nel quale collaudare nuove forme di contrasto alla criminalità minorile e alla devianza giovanile e sperimentare nuovi percorsi formativi e culturali, raccogliendo input dall'Europa, è l'analisi sulla famiglia che conduce a conclusioni allarmanti. Il "criminal profiling" sembra scaturire dalla mancanza di una corretta educazione alla legalità e rispetto del prossimo; dalla diffusione di modelli sociali che inducono ad inseguire i facili guadagni. E ad affermarlo sono proprio i genitori. Si va ben oltre la criminalità comune, ben oltre la camorra e la mafia.
ANGELA MAZZOCCHI Giornalista professionista, web content manager, laureata in scienze politiche e in scienze della comunicazione, specializzata in politica internazionale e Scienze Forensi. Criminologa, esperta in tecnologie multimediali, tecniche dell’informazione e delle istituzioni, docente discipline audiovisive e TIC, ha lavorato in Rai, Ansa, quotidiani ed enti pubblici. Vincitrice della prima edizione del premio giornalistico “Giancarlo Siani”.
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/479310/tv-la-paura-e-la-menzogna-2/
“Sulla necessità di un Osservatorio Europeo sulla Criminalità minorile e la Devianza giovanile l’87% dei napoletani si dichiarò favorevole e la convinzione dei cittadini rappresento' un punto di partenza. Se Napoli può rappresentare un distretto criminale nel quale collaudare nuove forme di contrasto alla criminalità minorile e alla devianza giovanile” e sperimentare nuovi percorsi formativi e culturali, raccogliendo input dall’Europa, è l’analisi sulla famiglia che continua a condurre a conclusioni allarmanti: il campione dei cittadini intervistati, attribuisce ad essa la responsabilità di determinare il percorso di devianza dei minori.
Il “criminal profiling” che ci si ritrova di fronte sembra scaturire dalla mancanza di una corretta educazione alla legalità e rispetto del prossimo; dalla diffusione di modelli sociali che inducono ad inseguirei facili guadagni.
Si va ben oltre la criminalità comune, ben oltre la camorra e la mafia.
Napoli distretto criminale, non pretende, in alcun modo, di essere esaustivo: rappresenta un momento di confronto e di analisi funzionali alla prevenzione ed al recupero dei giovani sulla “border line” del crimine.
Le interviste agli “opinion leader” e la diffusione dei dati del sondaggio che ha coinvolto 2000 napoletani sono state realizzate grazie all’impegno dei giornalisti Giuseppe Crimaldi, Giantommaso De Matteis, Amalia De Simone, Marco Martone, Guido Pocobelli Ragosta, Paolo Prestisimone, Geppino Riccio, Francesco Quaratino, Laura Viaggiano e Arnaldo Vinci.
La campagna di comunicazione dei risultati dell'inchiesta ha ricevuto il “Premio Giancarlo Siani” istituito dal comitato composto dall'Ordine dei Giornalisti della Campania, dall'Associazione Napoletana della Stampa, dal quotidiano “Il Mattino”, dall'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa e dal Centro Studi Siani.”
Il caso Napoli (Salvatore Nappi e Angela Mazzocchi) Con la collaborazione di • Giuseppe Crimaldi • Giantommaso De Matteis • Amalia De Simone • Marco Martone • Guido Pocobelli Ragosta • Paolo Prestisimone • Geppino Riccio • Francesco Quaratino • Laura Viggiano • Arnaldo Vinci
SOMMARIO
I FATTI, IL CONTESTO 3
NAPOLI: UN OSSERVATORIO PRIVILEGIATO 5
GIOVANI TEPPISTI NAPOLETANI, GIOVANI TEPPISTI AMERICANI... 5
ASPETTI DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA DI TIPO CAMORRISTICO 5
NAPOLI: LE “PROFEZIE” DELLA DIA 5
NAPOLI COME CHICAGO? 5
CRIMINALITÀ IN CAMPANIA E A NAPOLI 5
CRIMINALITÀ E MINORI 5
DEVIANZA E LUOGHI COMUNI 5
UNO SGUARDO NELLA GIUSTIZIA MINORILE 5
ACCUSE DI FUOCO, IGNORATE 5
PERCEZIONE DI LEGALITÀ E SICUREZZA TRA I NAPOLETANI - RILEVAZIONE CAMPIONARIA 5
LEGALITÀ E DELLA SICUREZZA A NAPOLI 5
LE TAVOLE DEL SONDAGGIO 5
Le INTERVISTE 5
PREMIO “GIANCARLO SIANI”: LA CAMPAGNA COMUNICAZIONALE 5
BIBLIOGRAFIA 5
L’Italia nell’anno 2003, fa i conti con l’aumento delle denunce (+10,1%): fra i reati aumentano le truffe, soprattutto quelle via internet, mentre i furti sono più della metà dei delitti denunciati. quadro del crimine in Italia, 'fotografato' sulla base dei dati 2003 nell'Annuario statistico italiano 2004 dell'Istat traccia anche una classifica delle regioni in base all'indice di delittuosità (rapporto fra crimini e abitanti), ponendovi in testa la Liguria. Nel 2003 sono stati denunciati all'autorità giudiziaria dalle forze dell'ordine 2.456.887 delitti, il 10,1% in più rispetto all'anno precedente. Sull'incremento incide in misura consistente la crescita delle truffe, passate da 54.328 a 187.858, una crescita connessa alla proliferazione delle truffe informatiche. I furti, semplici e aggravati, sono 1.328.350, in lieve aumento rispetto all'anno precedente (+1,8% per cento). Questa tipologia di delitto costituisce da sola il 54,1 per cento del totale dei delitti denunciati. Sempre nel 2003 crescono gli omicidi volontari e le violenze sessuali.
Il Molise risulta la regione con meno crimini. Risultano in aumento gli omicidi volontari consumati (da 639 a 712, +11,4%), mentre diminuiscono quelli tentati (da 1.555 a 1.470, -5,5%) e gli omicidi colposi (da 1.856 a 1.606, -13,5%). Tra gli altri delitti contro la persona cresce il numero delle lesioni dolose (+6,8%) e delle violenze sessuali (+7,9 rispetto al 2002). I delitti denunciati di contrabbando passano dai 1.512 del 2002 ai 1.653 (+9,3%). Risultano invece in diminuzione la produzione ed il commercio di stupefacenti (da 37.965 a 37.288, -1,8%) e lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione (da 3.174 a 2.461, -22,5%). …..
…….Ma “il caso Napoli” è davvero particolare, in primis, per la Camorra che fa sempre “parlare di sé” ma soprattutto per il coinvolgimento sempre più massiccio di giovani senza alcun precedente e spesso “insospettabili” per eventuali coinvolgimenti in fatti di cronaca nera. I giornali e le agenzie ne raccontano quotidianamente le gesta ed i commenti si perdono in fiumi di parole.
Il primo tra gli esponenti istituzionali a scatenare una reazione “di Palazzo” è l'ex questore di Napoli Franco Malvano, oggi parlamentare: “A Napoli c’è una guerra e la gente non sta con noi; noi lavoriamo bene ma la cultura dell’illegalità è diffusa”. E’ il 9 Novembre 2004: sono trascorsi 10 mesi da quando è avvenuto il secondo mortale accoltellamento tra giovanissimi per futili motivi, anzi per alcun motivo ma il Palazzo (Comune, Regione e Area ministeriale/governativa) si accorge della gravità della situazione soltanto con gli omicidi di camorra a quota 100 in meno di 10 mesi.
“A Napoli sembra sempre che niente basti per risolvere i problemi, questo anche perchè siamo alle prese con mille emergenze di ordine pubblico,ma i numeri smentiscono chi dice che le forze dell'ordine sono poco presenti sul territorio”. Il questore Malvano, sceglie il quotidiano “La Stampa”, di Torino, per sottolineando che “dall'inizio dell'anno sono state controllate 800 mila persone e sono stati eseguiti 4.500 arresti: sono risultati più che positivi, certo che qualcuno dirà che i delinquenti arrestati tornano subito in libertà, ma questo non e' un problema di cui possa farsi carico la polizia"……L’intervista sul quotidiano milanese scatena un pandemonio. Rispondono tutti e tutti gli interventi condurranno circa 20 giorni più tardi, al “pacchetto Napoli per la sicurezza”, meglio conosciuto a livello nazionale come “pacchetto salva Previti” senza che nulla ad oggi risulti cambiato per la devianza giovanile e la violenza minorile. Ancora una volta la confusione è tanta.
Ma torniamo al 9 novembre 2004: “L'intelligence a Napoli funziona, dal punto di vista della procura e anche delle forze di polizia”. Lo afferma il procuratore della repubblica di Napoli Giandomenico Lepore, commentando con i giornalisti, a margine della costituzione di un coordinamento delle associazioni anti-racket cittadine, gli ultimi criminosi episodi avvenuti in città Lepore, che rimanda una analisi più approfondita della situazione, invita i cittadini a collaborare e denunciare perché “non possiamo pretendere - dice - che solo le forze dell'ordine facciano qualcosa”. Per il procuratore, comunque, e' importante che ogni singolo cittadino non rimanga solo, ma che abbia la solidarietà delle associazioni e degli altri cittadini. Ai giornalisti che gli chiedono se c'e' un “caso Napoli”, il procuratore risponde che “Napoli e' sempre Napoli: cercheremo di sconfiggere quello che e' il male di questa città”.
Il procuratore capo della Repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore, nella sua prima uscita pubblicabblica difende l'impegno nel contrasto alla criminalità da parte delle istituzioni e forze di investigazione locali. In più lancia un appello a chi e' stretto nella morsa del racket: “denunciare e collaborare”. La risposta del Viminale non si fa attendere: sono inviati in 24 ore uomini e mezzi. Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, ex ministro dell'Interno, si dice “soddisfatta dalla risposta che il Viminale ha dato alle esigenze delle città” con il piano adottato su iniziativa del ministro …..
La Iervolino continua ad esprimere ottimismo ma alla fine ammette: “Dobbiamo attrezzarci e avere presente che abbiano davanti una lunga battaglia” aggiunge anche “c'è una regola ed è che la maggioranza vince e la maggior parte della città contrasta le azioni criminose”. Il primo cittadino nota e fa notare che Napoli è sempre di più in prima pagina e “nei telegiornali e sui giornali dopo l'Iraq si parla della nostra città”. Ma vuole ribadire anche oggi, nonostante gli ultimi efferati fatti di cronaca, che “Napoli non è affatto preda della camorra ma teatro di alcuni gravissimi episodi di fronte ai quali le istituzioni e i cittadini si ribellano. Per fortuna non siamo in guerra, abbiamo solo delle emergenze gravi ma la maggior parte della città è contro questo stato di cose”. Il sindaco di Napoli ha aggiunto che le iniziative in corso da parte delle istituzioni locali e del Viminale “non vanno nel senso della militarizzazione della città che riteniamo superflua ma di un colloquio e di una collaborazione sempre più ampia ed articolata tra gli organi preposti a tutelare l'ordine pubblico, le istituzioni e la società civile”.
………..Dal gennaio 2005, aggiunge il ministro, i cittadini potranno fare le loro denunce dal computer di casa: peccato che la sperimentazione comincerà da Padova e non da Napoli dove si continua sparare, a morire.
Il 4 gennaio 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, torna a Napoli in visita privata: è a Scampia a toccare con mano, primo Capo dello Stato e 15 anni dopo la visita del Papa Giovanni Paolo II, il degrado di un quartiere che già nel 1980 sembrava nato vecchio. Al punto che assieme agli striscioni di giubilo per l'arrivo del Pontefice, gli abitanti ne esposero altri su cui era scritto: “Qui sopravvivono i dannati delle vele, abbattiamole!” e “Pietro sciogli le vele”. Uno stato di abbandono che impressionò e preoccupò Papa Wojtyla che, dal palco eretto nell'area su cui oggi sorge un parco pubblico, quasi gridò per esortare gli 80 mila abitanti: “Non bisogna arrendersi al male! mai!”.
Nel suo discorso il Pontefice sottolineò più volte i problemi del quartiere, dalla crisi dell'occupazione, più acuta che altrove per le negative conseguenze di fenomeni quali il lavoro nero e quello minorile, al “diffondersi del vizio, il dilagare della tossicodipendenza e dell'alcool, l'acuirsi del fenomeno della violenza anche camorristica”.
Una situazione difficile e per certi versi drammatica che, secondo il Pontefice, era possibile, anzi doveroso, cambiare e di questo sviluppo i principali artefici dovevano essere i cittadini, le prime vittime del degrado. “Ciò non significa - continuò il Papa - che non sia compito dello Stato e delle sue istituzioni provvedere a fornirvi i mezzi necessari, a creare le condizioni idonee ad eliminare ostacoli ed impedimenti”. “Santità - gli rispose un giovane del quartiere - vogliamo vivere senza paura di ricevere del male da chi vuole strumentalizzare la nostra vita. La paura che si cela dietro la maschera dell'indifferenza può essere vinta dalla fede e dalla speranza. Non ci aspettiamo certo che lei risolva i nostri problemi, ma vorremmo che accendesse una luce nell'animo della gente”. Quella luce, animata dalla speranza e dalla fede, dal lavoro dei preti di frontiera e dal volontariato, con il tempo si e' affievolita, non spenta, nonostante l'imperversare della malavita organizzata e della microcriminalità.
A Scampia qualcosa si e' fatto, ma moltissimo resta da fare. Le istituzioni hanno lavorato soprattutto sul terreno della prevenzione, portando in quel quartiere una caserma dei carabinieri e quella dei vigili del fuoco ed anche un commissariato di polizia. Ma la realizzazione di un carcere, proprio lì, di fronte al rione della 167, quasi e' sembrata ricordare alla gente che quella e' la “seconda casa” di molti dei suoi abitanti.
Negli ultimi anni sono state abbattute alcune delle “vele”, divenute il simbolo fisico del degrado, realizzando anche il già previsto parco pubblico, che però registra scarsa manutenzione e controlli ed e' territorio di tossicodipendenti e piccoli malviventi.
Poche settimane prima, sotto Natale 2004, l'inaugurazione della piazza telematica, prima in Italia, che rischia di rimanere un'oasi nel deserto. Poco, molto poco, e' stato fatto sul piano del risanamento sociale e su quello del lavoro e dell'occupazione. La massa dei diseredati aumenta sempre di più e i cittadini onesti e laboriosi spesso finiscono col diventare “prigionieri” dei malavitosi. Scampia come quartiere nasce nel 1965 quando viene varato il massiccio piano di insediamenti abitativi previsti dalla legge 167 del 1962, con la realizzazione di alloggi per 63 mila persone su un'area di 375 ettari. In pratica, si costruisce alle porte della città un'altra città delle dimensioni di Siena, con enormi casermoni anche di oltre 15 piani, cui se ne aggiungeranno altri per 13.000 abitanti realizzati con il programma straordinario per l'edilizia residenziale previsto dalla legge 219 per la ricostruzione post terremoto.
Al sovraffollamento “naturale” previsto dai bandi di assegnazione degli alloggi (uno dei requisiti preferenziali e' quello del numero di componenti del nucleo familiare), si aggiungono altre masse di derelitti che a Scampia andranno a occupare i locali sotterranei dando vita ad un nuovo ceto sociale, quello degli “scantinatisti”.
Per uno dei parroci di Scampia i ragazzi nascono con un destino già scritto: “Nascono già segnati, perché se non trovano qualcuno che li fa studiare, che li indirizza su una strada diversa da quella già tracciata per loro dal destino, finiscono inevitabilmente nelle mani della camorra”. Così don Fabrizio Valletti, parroco della chiesa di Santa Maria della Speranza, al quartiere Scampia di Napoli, quando parla dei “suoi” ragazzi. Il sacerdote e' a Napoli da tre anni, ma conosce la realtà del quartiere: “E’ come remare sempre e solo controcorrente. Con il rischio - ricorda don Fabrizio - che il lavoro fatto per mesi e anni venga vanificato in un solo giorno”. Troppi ragazzi conoscono presto il carcere. “Un'esperienza -sottolinea- familiare. Il carcere fa parte della loro vita, magari per anni non hanno visto il padre perché era “dentro”. Normale, per loro, andarci a finire, prima o poi”. “Qui -avverte- vivono bambini che non hanno mai visto il mare, ma vedono ogni giorno un camorrista, perché la camorra è la più grande organizzazione economica di questo territorio. Provvede ai bisogni, dalla casa a tutto il resto. Tocca a noi impedire che provveda anche al futuro dei nostri bambini”. L'alternativa per i ragazzi di Scampia, avverte il sacerdote, è “cercare di dargli la consapevolezza che il futuro e' nelle loro mani, che sono loro la speranza di questo quartiere”.
GIOVANI TEPPISTI NAPOLETANI, GIOVANI TEPPISTI AMERICANI
Per approntare interventi ad hoc – davvero risolutivi – non appare inoltre infruttuosa un’analisi della tipologia di gruppo deviante concerne le bande giovanili, nate in America già all’inizio del secolo XIX e sino al decennio 1980-1990, negli slums, i quartieri più poveri delle grandi città (soprattutto in California, dove il fenomeno è più diffuso), come risposta collettiva alle condizioni di degrado in cui vivevano le famiglie più disagiate.
Per “The Gang”, il primo studio sistematico che potrebbe rappresentare un riferimento è quello di F. Thrasher e J. F. Short pubblicato nel 1927 proprio col titolo “The gang”, riferito alla situazione di Chicago. La prospettiva generale adottata mostra che questo problema è solo uno dei tanti sintomi della più o meno generale disorganizzazione sociale contestuale al rapido sviluppo economico ed all'assorbimento di grandi masse di lavoratori stranieri; il processo di precipitosa competizione nello sviluppo di questo nuovo benessere e la conseguente tendenza all'aumento della divisione del lavoro ed alla specializzazione ha stimolato la rapida crescita delle città e di tutti i processi di movimento ed adattamento derivanti da essa. Il risultato è che le città industriali americane non sono ancora ben assestate e capaci di autocontrollarsi: esse sono per così dire ancora “giovani”, ed il caos apparente in certe fasi della loro vita può esser considerato una specie di “ritardo culturale”. Tutto ciò, insieme al mancato sviluppo di un forte codice sociale sostenuto da tutti i membri della comunità, ha portato ad un alto grado di disorganizzazione che si estrinseca nel vizio, nella criminalità, nella corruzione politica ed in altri disagi sociali che tendono a fuggire verso i margini suburbani o a restare segregati in zone ben definite della città quali p.es. la “cintura della povertà” di Chicago: il fatto che le gang siano presenti più che altro in questa zona di transizione è significativo, in quanto esse non solo trovano un ambiente favorevole al loro sviluppo ma anche la loro vita ed attività si caratterizzano per il disordine tipico di questa zona. Riconoscendo le probabilità che questo stato di carente integrazione sociale continui ancora per qualche tempo, il problema consiste nella riduzione al minimo necessario della disorganizzazione sociale che pur caratterizza il progresso.
I ragazzi che vivono in aree caratterizzate dalla presenza delle bande godono di un'insolita libertà dalle restrizioni imposte dalle normali agenzie di controllo nelle migliori aree residenziali della città; in questi ambienti non manca il divertimento e nella gang essi trovano uno strumento per l'organizzazione del gioco e per la soddisfazione di molti loro desideri. La libertà e la sfrenatezza della vita dei ragazzi in queste condizioni è uno dei maggiori ostacoli ai tentativi di organizzare i programmi di lavoro per questi soggetti: il problema di organizzare le attività della banda nel tempo libero è di difficile soluzione e richiede un alto grado di intelligenza e comprensione da parte di chi, individuo od ente, tenti di risolverlo.
Le condizioni che rendono possibile la crescita delle bande sono riassumibili nella inadeguatezza della vita familiare, nella povertà, nel degrado dei quartieri, nell'inefficacia della religione e dell'educazione: tutti questi fattori formano una situazione complessa che costituisce la matrice dello sviluppo delle gang:
Qualsiasi condizione della vita familiare che promuova la noncuranza o la repressione dei suoi giovani membri favorisce indirettamente il fenomeno della banda stimolando il ragazzo a trovare la soddisfazione dei suoi desideri fuori dal contesto familiare: le deficienze familiari possono essere di varia natura ma sono riassumibili nella povertà, nella non-integrazione dei gruppi di immigrati, nei difetti dei genitori, etc.
Il fallimento della religione moderna nel penetrare nell'esperienza vitale del ragazzo fa sì che non si riesca ad esercitare un sufficiente controllo sul suo comportamento né a promuovere attività attraenti per il suo tempo libero che siano alternative a quelle “convenzionali”.
Un sistema scolastico che non stimola l'interesse del giovane e che non rappresenta un'organizzazione soddisfacente delle sue energie vitali contribuisce all’aumento delle probabilità di trascorrere il tempo libero in una gang.
La mancanza di una guida adeguata nelle attività del tempo libero costituisce una situazione favorevole allo sviluppo delle gang; il problema non è quello di costruire campi da gioco o centri per attività sociali nelle zone dove nascono o crescono le bande, ma è di trovare o introdurre in quelle aree dei leader che organizzino le attività dei ragazzi e conferiscano loro un certo significato sociale.
Queste condizioni non producono direttamente il fenomeno delle bande, in quanto esso è interstiziale, cioè cresce negli spazi in cui le istituzioni sono assenti o funzionano male: le gang sono un sintomo della vita disordinata di una “zona di frontiera”………..
……….Alcuni suggeriscono che la responsabilità dovrebbe essere assunta da un “consiglio” rappresentativo di tutti gli enti dell'area che cooperano per rendere operativo il programma: potrebbe anche essere necessaria la nomina di un “esecutivo” di questo consiglio, formato da un piccolo staff di persone qualificate per le funzioni di prevenzione; ove non fosse possibile per ragioni diverse la creazione di tali organi, l'iniziativa di sviluppare un programma di prevenzione del crimine dovrebbe essere presa da qualsiasi agenzia che abbia un interesse fondamentale in questo obbiettivo (gruppi ricreativi, Tribunale dei Minori, Dipartimento di Polizia, sistema scolastico pubblico, etc.).
Il programma di prevenzione deve essere basato su una conoscenza precisa (derivante dalla ricerca) delle problematiche dei ragazzi dell'area interessata e degli influssi di livello macro che agiscono su di loro.
Il passo successivo sta nella creazione di nuovi enti laddove le opportunità esistenti si siano dimostrate inadeguate: certo molte di quelle esistenti sono adatte allo scopo una volta che si sia adempiuto ai primi quattro stadi del procedimento, ma è probabile che in alcune zone sarà necessario istituire nuovi enti. La procedura finale in un programma di prevenzione del crimine è di tenere informato il pubblico ed educare la comunità a sostenere queste iniziative, soprattutto a livello nazionale: la grande pubblicità che il crimine e le gang hanno ricevuto ha avuto qualche effetto nella creazione di speciali agenzie per arrestare i “nemici pubblici”, ma si è limitata a produrre una sorta di tolleranza generale e di rassegnazione nel cittadino medio all'esistenza dei gangster, dei fenomeni estorsivi e della corruzione politica. Recentemente l'opera efficace del Federal Bureau of Investigation (F.B.I.) del Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti nella cattura e conseguente condanna di noti criminali e dei cosiddetti “nemici pubblici” ha risvegliato l'interesse pubblico su questo tipo di prevenzione del crimine; è stato però molto più difficile ottenere il sostegno pubblico per il genere di attacco al crimine rappresentato dal coordinamento delle agenzie comunitarie per la prevenzione studiato al fine di “stroncare sul nascere la carriera criminosa”.
Non esiste purtroppo un ente di livello nazionale, pubblico o privato, incaricato di fornire un'informazione appropriata e scientifica sulle cause e sul controllo del crimine: la possibilità di attuazione di un programma così fondamentale diviene più certa quando la logica della nostra conoscenza del problema delle gang e del crimine diventa ineluttabile; l'attività di pianificazione a livello sociale diventa sempre più ineluttabile quando le verifiche pratiche vengono applicate alla struttura sociale disorganizzata. Non esiste sicuramente una panacea per la soluzione di questi problemi, ma l'esperienza richiede che l'enfasi sia posta sul processo di prevenzione, il quale attacca le radici del crimine in quelle aree della comunità che sono note per esserne centri di produzione.
Importanti progressi nella prevenzione del disagio e nella promozione del bene pubblico sono stati il risultato di varie iniziative riguardanti il tema del benessere, finanziate dalle contribuzioni di fondazioni e di cittadini ben consci delle esigenze sociali: allo stesso modo i tempi sono maturi per iniziative pratiche della cittadinanza (sulla prevenzione del crimine) adeguatamente finanziate, che saranno condotte sperimentalmente e valutate scientificamente per un periodo di anni in diverse zone del paese; in questo modo i principi di prevenzione del crimine potranno essere fissati e la conseguente profilassi potrà essere più ampiamente applicata dagli enti pubblici e privati.
Mentre la situazione italiana è del tutto peculiare poiché non si può parlare di autentiche “baby gang” perché mancano, nei gruppi di adolescenti devianti, alcune delle caratteristiche che contraddistinguono le bande giovanili americane come un leader indiscusso, a Napoli e nell’hinterland non si può affermare - in alcun modo - che la situazione si riproduca in maniera identica. Tutt’altro. A causa della specificità del caso partenopeo e dell’assoluta ignoranza sulla composizione e modalità di formazione delle “baby gang” appare quasi impossibile avere un quadro preciso del fenomeno delle bande giovanili.
…………..
A Napoli e nel suo hinterland, si è assistito infatti negli ultimi anni, accanto alla diffusione della delinquenza giovanile tradizionale, per diversi aspetti legata indissolubilmente alla criminalità organizzata, ad esplosioni di violenza di gruppo o episodi criminali senza apparente motivazione.
Il 18 febbraio 2004 il Patto Segni lancia il primo forte allarme, chiaro. Tutti i dettagli nella lettera indirizzata a vari rappresentanti di Palazzo (questore, ministro degli Interni, prefetto, ecc...): “Non si sta ancora tentando di tenere distinta l'azione di prevenzione che cerca di ridurre il rischio criminale, - e quindi rendere le città più sicure - da quegli interventi che riescono a fare sentire davvero più sicura la collettività, senza renderla tale. L’uccisione del diciannovenne - per un banale complimento ad una coetanea – in una via trafficata come la Caracciolo, da parte del “branco dei delinquenti” di turno, ne è l’ennesima riprova e proprio nel momento in cui il piano ha preso il via....”.
All’uccisione del ragazzo per uno sguardo, seguiranno altri accoltellamenti. I colpevoli non sono camorristi, non sono delinquenti: spesso, nella gran parte dei casi, sono “minori”, ragazzi napoletani “con la moda” di girare armati di coltello. Nell’agosto del 2003 il quotidiano napoletano La Repubblica aprirà una campagna informativa, dopo l’ennesimo accoltellamento, e dopo due giorni il Prefetto di Napoli Renato Profili emetterà un’ordinanza che vieterà la vendita di “armi improprie” ai minori di 18 anni. Fino al 31 dicembre 2004. E poi?
Intanto, a ridosso di Piazza Mercato i baby pistoleri (che hanno dagli 8 ai 12 anni) si divertono a sparare contro negozi, passanti, commercianti e mamme con bambini, con pallini di gomma e “tric trac”, anche……..
Presentazione di Mario Segni
IL “caso Napoli” potrà essere risolto soltanto se si cessa di sventolare proclami ed ognuno si impegna, ogni giorno di più, per ricostruire il tessuto sociale. Ed è in questa ottica che lo spazio che i mass media dedicano - all’analisi delle morti dei giovani uccisi per un diverbio urbano, per uno sguardo "di troppo" ad una coetanea, per un telefonino o per altri futilissimi motivi, - acquista un valore incommensurabile al punto di divenire davvero un simbolico baluardo di coraggio e denuncia.
E’ doveroso aggiungere che gli interventi idonei a contrastare la criminalità giovanile e la devianza minorile, vanno messi a punto ed attuati in tempi brevissimi al di là degli schieramenti di partito, senza ulteriori rinvii poiché, com’è stato denunciato nel marzo 2004 dal sondaggio (a cui hanno risposto, per la prima volta. 2000 napoletani), la microcriminalità è molto più pericolosa della camorra.
Lo stereotipo di una città violenta "perché camorristica" non regge più: se .....
[1] In questo lavoro non si approfondirà la commissione di reati tramite internet, sebbene siano spesso proprio i giovani autori e vittime di reati connessi all’utilizzo del web. Il coinvolgimento multinazionale e multidimensionale del reato commesso tramite Internet supera i confini spazio temporali connessi alla criminalità territoriale giovanile, oggetto prioritario della ricerca per il “caso Napoli”. Chiaramente mediante le reti telematiche sovranazionali, come Internet, si sono creati nell’ultimo decennio canali di comunicazione globale e, quale conseguente illecito riflesso, una più ampia e drammaticamente efficace estensione della portata delle condotte criminali. Come accade per qualsiasi altra tecnologia di comunicazione, anche Internet veicola informazioni di ogni tipo; tuttavia, nel caso specifico del cyberspazio, esse, oltre che provenire da fonti non sempre controllabili, sono destinate ad utenti tipologicamente molto differenziati. Non occorre avere fini di ricerca scientifica per accorgersi che il Web, l’e-mail, le chat-line, i newsgroup, i forum, le mailing list si prestano ad abusi finalizzati allo svolgimento di attività criminali di gravità oscillante, tra cui: la pornografia, la pedofilia, i virus informatici, l’uso di droghe, l’incitamento alla violenza e al razzismo, la duplicazione del software, la clonazione di carte di credito, la modifica di smart-card televisive o telefoniche, le molestie a sfondo sessuale, il cyberterrorismo, gli attacchi informatici a banche di dati, etc. Oltre che il potenziale e reale contributo dato dalla rete delle reti alla generazione e diffusione di vecchie e nuove forme di criminalità, un’ulteriore questione criminologica riguarda lo studio delle influenze che l’esplicito utilizzo degli strumenti di Internet per fini illeciti, di divulgazione di informazioni nocive e illegali, possono determinare sui navigatori del cyberspazio. L’esposizione a siti e luoghi telematici devianti, è un comportamento che implica dei rischi per tutti gli utenti, in particolare per coloro che per vari motivi, legati all’età, all’uso abituale della rete, o ad uno scarso senso critico, si avventurano in frequentazioni telematiche non solo virtualmente pericolose.
[2] Blitz anticamorra nel napoletano, una cinquantina i fermati Nella retata anche Ciro, figlio boss Paolo Di Lauro (ANSAweb) - NAPOLI, 7 DIC - Sessantacinque provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Napoli, 52 le persone fermate. Sono questi i numeri del blitz anti-camorra scattato all'alba di stamani tra Secondigliano, Scampia, ma anche Casavatore, Arzano, Melito e Mugnano. Tutti i destinatari delle misure cautelari sono accusati di associazione mafiosa, alcuni di loro anche di omicidio, in relazione a quattro delitti commessi nelle ultime settimane, tra cui quello della 22enne Gelsomina Verde. Era stata vittima di una vendetta trasversale per la sua amicizia con un pregiudicato. All'inchiesta, secondo indiscrezioni, avrebbe collaborato anche un malavitoso arrestato di recente dopo un omicidio e poi divenuto collaboratore di giustizia. Il Presidente della Repubblica, Ciampi, si e' complimentato con Pisanu. Il Ministro dell'Interno ha fatto sapere che 'il governo ha un programma di piu' lunga lena per sradicare la camorra da Napoli e dalla Campania'.
Napoli: Crescenzo Marino prima vittima di camorra dell'anno Era padre di un presunto boss degli scissionisti di Lauro (ANSAweb) - NAPOLI, 2 GEN - Primo morto di camorra dell'anno a Napoli, nella faida all'interno del clan di Lauro, a Secondigliano: la vittima e' Crescenzo Marino, 70 anni. L'uomo, pregiudicato per associazione a delinquere, e' padre di Gennaro Marino, arrestato nel maxi-blitz realizzato a Scampia nei giorni scorsi e considerato uno dei capi degli scissionisti. I sicari, probabilmente due, lo hanno atteso davanti alla sua abitazione e prima ancora che scendesse dalla sua auto lo hanno ucciso con numerosi spari.
Omicidio Napoli: curiosi sul posto, nessuno ha visto nulla La figlia di Marino sfonda le transenne in preda all'ira (ANSAweb) - NAPOLI, 2 GEN - Sul luogo dell'omicidio di Crescenzo Marino e' accorsa la figlia: a bordo di un fuoristrada, la donna ha sfondato le transenne messe dai carabinieri. In preda all'ira e chiedendo di abbracciare suo padre, ha urlato minacce fino a quando non e' stata bloccata dagli agenti che l'hanno calmata. Tra i molti curiosi nessuno ha fornito informazioni. La vittima e' il padre di Gennaro e Gaetano Marino, presunti boss degli scissionisti che si oppongono al clan Di Lauro, entrambi gia' arrestati. Gennaro, detto 'Genny Mc Key', e' stato arrestato nel blitz di Scampia dei giorni scorsi. Successivamente e' stato arrestato anche Gaetano, sorpreso in un hotel della penisola Sorrentina. Nella faida di Secondigliano e' stato ucciso anche Massimo Marino, della stessa famiglia, l'11 dicembre scorso.
Napoli: ferito per errore in agguato di camorra, e' morto L'uomo era stato coinvolto in uno scontro il 28 dicembre (ANSAweb) - NAPOLI, 2 GEN - E' morto stasera a Napoli Francesco Rossi, l'incensurato ferito per errore nell'agguato mortale di cui e' rimasto vittima lo scorso 28 dicembre a Sant'Anastasia, nel napoletano, il pregiudicato Vincenzo Mauri. L'uomo e' deceduto stasera all'ospedale napoletano Vecchio Pellegrini. L'agguato di matrice camorristica, il cui obiettivo era Mauri, avvenne nel circolo ricreativo di via Mario De Rosa, e Rossi fu colpito per sbaglio dai killer. Lo scorso 28 dicembre l'uomo deceduto stasera era all'interno del circolo vicino a Mauri, mentre giocava a carte, trovandosi sulla traiettoria dei proiettili, almeno sei, esplosi da uno dei due sicari giunti in sella a una moto di piccola cilindrata. Francesco Rossi, soprannominato 'Fravulella', era un personaggio assai noto a Sant'Anastasia per il suo ruolo di capo della tifoseria della squadra di calcio locale, che negli anni scorsi ha militato in C2. Nei giorni scorsi Rossi, colpito a un polmone, era stato sottoposto a un intervento chirurgico.
[3] ANSA - News - In primo piano- “Ciampi a Scampia: la camora è un cancro da estirpare” - NAPOLI - ''E' interesse, per il bene di tutti, reagire e sradicare, estirpare, questo cancro che corrode la nostra vita''. Nel cuore della faida di camorra, nel rione Scampia, alla periferia di Napoli, Carlo Azeglio Ciampi non usa mezzi termini per definire la criminalita' organizzata che da due mesi tiene sotto scacco un intero quartiere e che anche stasera e' entrata in azione a Melito, uno dei vicini comuni coinvolti nella guerra. E' il passaggio cruciale della visita di Ciampi a Scampia. Un richiamo a non arrendersi, cui hanno fatto seguito gli inviti ad uno scatto di orgoglio e di coraggio e a collaborare con le forze dell'ordine, nel corso di una visita dal grande valore simbolico, voluta e attesa da chi nel quartiere della periferia della citta', da sempre alle prese con gravi problemi di emarginazione e violenza, reclamava la presenza dello Stato. ''Perche' Scampia - ha sottolineato il presidente - non e' solo sangue''. Ciampi ha raccolto l'invito rivoltogli solo due giorni fa dal presidente della circoscrizione, Raffaele Varriale, prevedendo un appuntamento ufficiale nell'ambito della visita privata in corso nel capoluogo partenopeo. Prima di andarsene da Scampia, Ciampi ha incontrato i bambini della chiesa Santa Maria della Speranza ai quali ha detto di avere fiducia in loro invitandoli ad ascoltare sempre la loro coscienza. Con una promessa finale:''Saro' sempre insieme a voi''. ''Da troppe settimane - ha esordito il capo dello Stato intervenendo nella sede della circoscrizione - si sente di una catena di omicidi a Scampia. Si legge che e' una guerra tra bande, una faida. E' vero, ma non si puo' scrollare le spalle e assistere inattivi a questa catena di omicidi. Ne va della vita dell'uomo, che e' sacra''. Da Ciampi, dunque, e' venuto un richiamo alla ''doverosa collaborazione con le forze dell'ordine'' e la consapevolezza che la criminalita' si batte creando occasioni di lavoro: ''Attivatevi voi per far sorgere nuove iniziative'', ha detto il capo dello Stato in un passaggio che e' stato sottolineato dall'applauso convinto della folla assiepata all'esterno della circoscrizione dove la voce di Ciampi arrivava diffusa dagli altoparlanti. ''Scampia, Secondigliano e gli altri quartieri piu' popolosi di Napoli sono parte integrante della citta'. Non bisogna viverli come una sorta di dormitori, ma devono essere centro attivo di Napoli, non un'appendice''. Ciampi ha raccontato di aver fatto rallentare la macchina, arrivando, ''perche' volevo rendermi conto visivamente di com'e' Scampia''. Il punto, a giudizio del presidente della Repubblica, ''e' come si vivono, e' quello che si fa intorno a questi edifici''. ''Qui - ha aggiunto - ci vogliono campi sportivi dove i ragazzi possano andare a giocare e che spero si riescano a creare in un futuro anche non lontano, delle piscine, tutte cose per le quali i ragazzi possano vivere Scampia. Non deve essere un dormitorio e basta''. ''Ci vuole impegno da parte di tutti, - e' stata l'esortazione di Ciampi - ci vuole uno scatto d'orgoglio, un'iniezione di fiducia e di coraggio perche' Napoli e' la piu' bella citta' del mondo e su questo dovete puntare''. Il presidente, lasciando la zona, non si e' sottratto all'affettuoso abbraccio della gente. In tanti lo hanno salutato e ringraziato, pregandolo di tornare presto. (© Copyright ANSA Tutti i diritti riservati 04/01/2005 20:35)
[4] “Il piano anticrimine a Napoli non basta”: “Nell’ambito del confronto sulla nuova organizzazione per il controllo del territorio e sulla questione sicurezza, ritengo opportuno intervenire poiché, in pochi mesi, il tam tam di internet – sul portale del Patto dei Liberaldemocratici di Mario Segni, ha consentito a 15.000 cittadini di entrare in contatto con noi: il 25 per cento degli utenti che hanno risposto – per e-mail o che hanno cliccato un banner apparso sui principali portali - alla domanda “Cosa ti preoccupa di più?” – di fronte ad una serie di opzioni (il costo della vita che cresce più degli stipendi, l’alternativa affidata alla sinistra, la giustizia e la sicurezza, il futuro dei giovani, l’Italia nell’Europa, le riforme di Bossi) - a sorpresa ha indicato, come primo elemento di preoccupazione, la giustizia. Chi si considera moderato e di ispirazione liberaldemocratica vede nella “serietà” una delle prime qualità che devono avere i politici. Pertanto, condividendo l’esortazione del prefetto Renato Profili, rivolta ai napoletani, di non cedere alla logica dell’indifferenza ed a denunciare i reati ma che occorra chiarire una volta per tutte che il progetto in fase di approvazione in Parlamento – in relazione alla nascita della “quarta forza di Polizia” proposta da Bossi, vanifica proprio gli sforzi condotti oggi dai Carabinieri, dalla Polizia, dai finanzieri e dai Vigili Urbani, ed inficerà anche possibili risultati positivi. I mass media giustamente hanno sottolineato il grande valore innovativo del modello di cooperazione e dialogo attivati ed hanno ribadito come questo percorso possa migliorare le azioni di tutela legate alla sicurezza: purtroppo, dal confronto avviato dal Patto (con i professionisti del mestiere ed, in particolare, i criminologi, con i quali analizziamo i problemi sociali ed economici per possibili soluzioni) sul tema preciso delle attività criminali a Napoli ed in provincia, e dell’impatto e della collocazione nel quadro nazionale ed internazionale, dobbiamo registrare che si sta generando confusione sulle ragioni di fondo e sull’opportunità, politica e sociale, delle varie iniziative per "Città sicure". Infatti, anche con questo nuovo piano anticrimine si sta tralasciando il punto fondamentale della sicurezza. Continuiamo – a Napoli, in Campania ed in Italia – ad essere fuori dall’Europa: sale comuni ed interconnesse tra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, per coordinare, prevenire ed intervenire, restano imprescindibili sia per evitare sprechi e disservizi che per garantire reale sicurezza ai cittadini affinché non vi sia più terrore davanti all’arroganza e alla violenza dei delinquenti. Ma soprattutto, il coordinamento tra le forze di polizia non può essere soltanto di “secondo o terzo livello”: deve essere immediato e non “frazionato” tra zone o aree. Il “poliziotto di quartiere” funziona per radicare gli uomini in divisa tra la gente, in strada: non per attribuire una “patente criminale di area”. Per quanto concerne, in particolare, i Vigili Urbani, essi sono presenti ed operano sul territorio in relazione alla loro competenza ben delimitata dalla legge e non potrebbe essere diversamente anche alla luce nelle innovazioni in atto connesse ai progetti “Città sicure”.
In conformità con l'articolo 117, (comma secondo, lettera h) della Costituzione, che demanda l'esercizio delle funzioni di Polizia amministrativa locale alle Regioni insieme con la promozione di un sistema integrato di sicurezza delle città e del territorio regionale, in attuazione dei principi dell'articolo 118, (comma primo della Costituzione), concretamente si vedono attribuiti alla Polizia Municipale, anche di carattere intercomunale: 1) la mobilità e la sicurezza stradale, comprensive delle attività di Polizia stradale e di rilevamento degli incidenti di concerto con le forze e altre strutture di Polizia di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); 2) commerciale e con particolare riferimento al controllo dei prezzi ed al contrasto delle forme di commercio irregolari; 3) la tutela della qualità urbana; 4) la tutela della vivibilità, comprensiva di attività di pubblica sicurezza; 5) il supporto nelle attività di controllo spettanti agli organi di vigilanza preposti alla verifica della sicurezza e regolarità del lavoro; 6) il controllo relativo ai tributi locali; 7) il soccorso in caso di calamità, catastrofi ed altri eventi che richiedano interventi di protezione civile; 8) la prevenzione, il contrasto e la riduzione delle cause del disagio e dell'emarginazione sociale.
Le competenze proprie di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza sono altre: differenziate e più incisive e marcate nell’ambito dell’esecuzione e della tipologia dell’episodio criminale. In ogni caso, sono imprescindibili una preparazione precisa, un coordinamento costante ed un monitoraggio assiduo.
Va ancora tutta costruita la “cultura della legalità” e soprattutto vanno garantiti alle Forze dell’Ordine gli strumenti per operare così come ai magistrati gli “arnesi” per applicare la legge.
Spingere per la nascita di nuove forze di polizia – in contrapposizione alle prime e dimenticando quali sono i dettami della Costituzione – non può rispondere al bisogno di legalità e sicurezza dei cittadini e degli operatori economici. Quindi, se si continua ad ignorare il nuovo progetto di Bossi sulla sicurezza urbana, ci si troverà presto con un “quarto corpo” aggiuntivo di Polizia Regionale, senza aver garantito agli esistenti strumenti e risorse. Ma, fatto ancor più grave, chi garantirà sull’esclusione di connivenze malavitose? Chi controllerà le infiltrazioni camorristiche per la Campania e mafiose per l’intero Mezzogiorno? E’ necessario riconoscere che proprio a Napoli ed in Campania (come nell’intero Mezzogiorno) vi è una diversa esposizione oggettiva al rischio di criminalità così com’è fondamentale considerare la percezione soggettiva di fronte al pericolo criminale. In questo contesto, preoccupante, non posso che auspicare che il nuovo piano anticrimine rappresenti soltanto un primo passo: non l’ennesimo palliativo alla necessità di un autentico sistema integrato di sicurezza.
Governare una città vuol dire governare i livelli della sua vivibilità: se le azioni di prevenzione criminale devono privilegiare la dimensione "locale", la più decentrata possibile, l’attenzione puntata sul quartiere non deve significare negare efficacia alla strategia preventiva imposta dall'alto, come potrebbe essere una politica nazionale di prevenzione criminale. Ciascuna iniziativa, pertanto, non può esaurirsi a livello locale. Inoltre, l’azione di prevenzione è efficace soltanto se è in grado di mobilitare la gente, di suscitare consenso. Questo non sta accadendo e credo sia sotto gli occhi di tutti come non sia il caso di farsi eccessive illusioni: non c'è chi non veda, in particolare nelle grosse concentrazioni metropolitane, come Napoli, ma anche in provincia, come sia difficile potere contare sulla condivisione di quel patrimonio di valori che consente di parlare di “società” o di "comunità". E come sia diffusa la paura della criminalità. Non si sta ancora tentando di tenere distinta l'azione di prevenzione che cerca di ridurre il rischio criminale, - e quindi rendere le città più sicure - da quegli interventi che riescono a fare sentire davvero più sicura la collettività, senza renderla tale. L’uccisione del diciannovenne - per un banale complimento ad una coetanea – in una via trafficata come la Caracciolo, da parte del “branco dei delinquenti” di turno, ne è l’ennesima riprova e proprio nel momento in cui il piano ha preso il via. Eppure le due strategie sono fortemente interconnesse: una città obiettivamente resa più sicura, fa sentire più sicura la gente; ma il sentire e vivere una città “come” più sicura, non la rende effettivamente più sicura. Un’attenzione particolare, infine, vorrei rivolgerla ai dati ed al loro reperimento. La dimensione locale dell'azione di prevenzione deve essere in grado di servirsi di “osservatori locali” capaci di registrare attentamente i bisogni e le domande sociali di sicurezza nonché i mutamenti nell'azione di prevenzione. Non basta leggere superficialmente i dati diffusi “a pioggia” come quelli che registrano i picchi più alti di scippi e rapine in via Terracina, viale Kennedy e via Cinthia oppure in via Foria, corso Amedeo di Savoia, piazza Cavour e viale Colli Aminei. In realtà esistono strade dove si verificano numerosi scippi ogni giorno e non lo si sa perché nessuno denuncia più. L'osservazione e l’analisi restano essenziali nell’azione di prevenzione. In Campania e nel Mezzogiorno questi “osservatori” devono essere "creati" ex-novo. Le difficoltà non sono di poco conto, e non soltanto per l’economia: che tipo di osservazione, quale tipo di ricerca e su che cosa, sono questioni scottanti che soltanto funzionari, agenti, criminologi, professionisti che, da anni, operano in questo campo possono affrontare per “leggere” correttamente la realtà. Ad esempio: vi appare possibile che oggi a Napoli ed in provincia un osservatorio locale sulla criminalità registri la "criminalità reale" ? L’osservatorio locale deve superare la registrazione della sola criminalità "apparente", quella che ci viene fornita dalla statistica ed informare sulla criminalità "nascosta": è questa che ci offre indicazioni utili sul funzionamento del sistema della repressione e della prevenzione della criminalità. Come ha ricordato il prefetto Profili, - dai vertici nel semestre di presidenza europea alla manifestazione organizzata dai NoGlobal, - Napoli “si è fatta sempre grande onore, dimostrando di avere tutte le carte in regola per essere considerata una grande realtà europea”. Perché allora non operare guardando davvero ad un obiettivo ambizioso come la reale diminuzione dei crimini, soprattutto violenti, così com’è avvenuto negli USA dov’è stato realizzato un autentico coordinamento evitando di limitarsi a Milano dove i reati commessi sono, per di più, attinenti alla “finanza creativa”? (Salvatore Antonio Nappi, vicesegretario nazionale).